MIO SIGNORE E MIO DIO
Mio Signore e mio Dio.
- Signore Gesù, tu sei il Cristo, consacrato dal Padre sul fiume Giordano, quando è sceso su di te lo Spirito di Dio
- Tu sei il Messia promesso dai profeti e atteso dal popolo eletto; tu sei il Salvatore di ogni uomo, tu sei venuto a liberarci dal peccato e dalla morte
Mio Signore e mio Dio.
- Signore Gesù, nella preghiera e nel silenzio del deserto tu hai maturato la risposta a Dio e sei diventato per tutti gli uomini il Salvatore atteso
- Tu sei la Luce del mondo, sei mandato ad illuminare tutte le genti che cercano la strada per giungere alla vera vita
Mio Signore e mio Dio.
- Signore Gesù, tu sei la Luce per il cieco che finalmente ti può vedere e seguire
- Sei la speranza per il peccatore che riconosce il suo peccato, e soprattutto scopre la bellezza del volto di Dio, che è Padre tuo e nostro
Mio Signore e mio Dio.
- Signore Gesù, tu sei la parola che ci invita a preparare la via del Signore per ritornare dal nostro esilio, ed entrare nella casa di Dio
- Tu sei il profeta che ci parla del Padre, del suo amore per tutti gli uomini, della sua tenerezza, che non si ferma davanti al nostro rifiuto
Mio Signore e mio Dio.
- Signore Gesù, tu sei la parola che dona speranza a chi è triste, che richiama alla vita Lazzaro, il figlio della vedova di Nain, la figlia di Giairo
- Tu sei la parola vivente, quella che insegna a tutti che Dio è nostro Padre, che lui si prende cura dei suoi figli
Mio Signore e mio Dio.
- Signore Gesù, tu sei il dono pieno, e hai offerto la tua vita fino alla morte, e alla morte di croce
- Tu sei il Vincitore perché sei risorto e vivi per sempre in mezzo a quanti desiderano diventare tuoi discepoli
Mio Signore e mio Dio.
- Signore Gesù, tu hai donato lo Spirito ai tuoi apostoli e a tutti i credenti nella Pentecoste
- Tu doni lo Spirito anche a noi per scoprire e vivere nella gioia come risorti
II DOMENICA DI PASQUA (Della Misericordia): 27 Aprile
Dal Vangelo secondo Giovanni 20,19-31
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Si conclude oggi l’Ottava. Per otto giorni consecutivi è risuonato il canto del Gloria e dell’Alleluia. Il Vangelo di oggi introduce il racconto dell’apparizione del Signore ai discepoli, dopo la sua risurrezione. Prima Tommaso è assente, poi diviene il protagonista dell’esperienza del Risorto. Primo elemento che caratterizza la nuova realtà vitale del Signore Gesù è una differente corporeità: entra nel Cenacolo «a porte chiuse». Una corporeità che è tra il conoscibile e l’irriconoscibile, uguale ma diversa. È ciò che noi diciamo «corpo trasfigurato»: parole, che per noi rimangono ancora un mistero. Trova i discepoli paurosi e timorosi, partecipi di quelle paure e di quelle ombre che spesso abitano il cuore al calar della sera. Una sera che fa quasi da contrasto con l’alba luminosa della Pasqua. Eppure era la sera di quel giorno... segno di come, nel tempo e nella vita dell’uomo che scorre nel tempo, lo stesso giorno può fare da scenario a elementi contrastanti, a situazioni che mutano continuamente. Gesù entra a porte chiuse in una realtà di paura, mentre le ombre avvolgono la quotidianità dei suoi. E la paura fa muovere i catenacci di porte che sono chiuse non dal di fuori, ma dal di dentro. Gli apostoli sanno dare un nome alla loro paura: temono i Giudei, ma forse temono di più di aver creduto invano a Gesù. Non c’è posto per la speranza dove regna il buio e la paura. Non c’è posto per lo spiraglio della speranza dove le porte sono chiuse. Gesù entra nel Cenacolo e la prima cosa che invoca e che insieme dona è la pace. Il cerchio della paura, della solitudine, del buio con ogni suo possibile timore è rotto da Qualcuno che arriva dal di fuori, che prende l’iniziativa di raggiungere l’uomo e di offrirgli la sua luce, la sua vita. Il cerchio della morte – di cui la paura e il buio sono simboli – è ormai rotto dal Risorto. L’ha rotto nella storia e nel cosmo, ora lo rompe nella vita dei suoi. La pace è la prima conseguenza che dilegua il timore. È una pace che solo il Signore può donare al nostro cuore, prima che agli eventi complessivi della nostra vita e della nostra storia. La vita nuova nel Cristo ha come primo frutto la pace. Se c’è la pace è possibile l’amore, è possibile l’accoglienza dello Spirito, è possibile il perdono, è possibile una vita più umana e fraterna. Abbiamo bisogno di pace: forse è il frutto più atteso che appartiene alla risurrezione di Cristo, perché nella storia di questo mondo e nella storia del nostro cuore facciamo esperienza di come il peccato continuamente ferisca noi e gli altri. E dove ci sono ferite c’è guerra, e dove c’è guerra non c’è pace. Abbiamo bisogno di pace, soprattutto della pace del cuore, di una pace che non si realizza nella storia se non c’è perdono. Ma dobbiamo partecipare della certezza del dono di Gesù vivo a noi e all’umanità per poter sperimentare la capacità di chiedere perdono e la capacità di perdonarci. Ai discepoli mostra i segni della passione, quale garanzia che è lui e la gioia pervade il cuore dei discepoli non solo perché vedono il Maestro, ma perché credono e riconoscono che la Risurrezione è segno di salvezza e trasfigura lo stesso dolore, la stessa croce. La testimonianza di Tommaso diviene preziosa per la nostra fede. Diviene testimone qualificato, prescelto da Dio, uno di quelli che potranno dire: «Quello che abbiamo visto e toccato... ossia il Verbo della vita, noi lo annunziamo a voi». Non solo vengono mostrati a lui i segni della passione, ma viene invitato a «toccare», a fare piena esperienza della realtà del Risorto. Ma qualunque «esperienza» di Dio non viene fatta solo per il singolo, ma per la comunità. E a noi, a tutti coloro che invece non hanno «visto né toccato», Gesù rassicura: attraverso la fede si può pervenire alla stessa beatitudine, alla stessa gioia, alla stessa esperienza di Gesù Signore.
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